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Chiude a Volterra la «fabbrica dei matti» (1979)

Piangono le vedove dell’assistenzialismo

Chiude a Volterra la «fabbrica dei matti»
  • Data di pubblicazione:
    18 Marzo 1979
  • Titolo:
    Chiude a Volterra la «fabbrica dei matti» (1979)
  • Autore:
    Andrea Lazzeri
  • Testata giornalistica:
    L’unità

Disperata la DC reclama a gran voce un «progetto speciale»

L’economia della città è ad una svolta — Il mega ospedale psichiatrico non assume più dipendenti — La fine del mito comunque non chiude le prospettive: i posti di lavoro sono aumentati

VOLTERRA — L’economia volterrana è ad una svolta.

La «fabbrica dei matti» — finalmente — chiude e non assume più.

E allora, che fare?

Per il giovane che in tanti anni di prassi consolidata si era ormai abituato all’idea di trovare un «posto» nelle mille pieghe del mega ospedale psichiatrico verso quale lavoro indirizzare le proprie speranze?

È il crollo di un mito, reso ancora più definitivo dal blocco delle assunzioni negli altri enti pubblici.

Eppure, questa volta, alla fine di un mito non ha coinciso la mancanza di prospettive; il «buio profondo» non è calato sull’antica cittadina etrusca che domina dall’alto la Val di Cecina: negli ultimi anni i posti di lavoro invece di diminuire sono aumentati, l’artigianato della pietra trasparente è in espansione, nella agricoltura si torna ad investire miliardi.

Ma gli «orfani» del posticino (magari guadagnato grazie a qualche raccomandazione) sono a lutto.

Piange e si dispera soprattutto la DC, vedova inconsolabile della morte dell’assistenzialismo.

Lo scudocrociato non trova requie, lancia un drammatico appello ai concittadini per il «si salvi chi può», reclama a gran voce un taumaturgico «progetto speciale» al quale affida tutte le sue speranze per la rinascita di Volterra.

Ma Volterra non è morta, né va verso il suicidio.

Questo però ai consiglieri democristiani non interessa.

Dai banchi del Consiglio comunale, con nel cuore le prebende romane ed un occhio alle elezioni prossime venture, danno fiato alle trombe ed invocano un po’ di elemosine per questa «terra disastrata».

AI concerto si è unito anche il PLI: «Volterra distrutta», «Volterra in crisi», e «Volterra povera».

È possibile che tra tante vestigia antiche della propria città, l’unico barbaro monumento medioevale che i moderati si preoccupano di conservare sia proprio l’Ospedale psichiatrico?

Come stanno, in realtà, le cose?

La giunta comunale PCI-PSI che guida la città in questa difficile fase di trapasso mette subito in chiaro una cosa: «Il processo di graduale smobilitazione dell’Ospedale psichiatrico non è iniziato da ieri. Già da molti anni, prima che venisse varata la riforma sanitaria. l’Ente locale ha lavorato per ricomporre un tessuto economico che andava progressivamente “terzializzandosi”».

In altre parole, già da molto tempo ci si è preoccupati di non affidare la sorte dell’intera economia solo alla capacità degli enti pubblici di assorbire disoccupati.

Lo sviluppo di Volterra è affidato alle attività produttive. all’artigianato, agricoltura ed industria, ed al turismo.

Questo ha permesso di far aumentare i livelli occupazionali nonostante il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego.

Chiude a Volterra la «fabbrica dei matti» - un vecchio padiglione dell'ospedale psichiatrico di Volterra
Un vecchio padiglione dell’ospedale psichiatrico di Volterra

Ed ecco le cifre: nel 1978 gli occupati nell’ospedale sono 33 in meno rispetto al ’75, mentre nei settori produttivi del comune si registrano 46 occupati in più nello stesso periodo.

Se poi, come è giusto fare, si prendono in esame i dati relativi alla situazione della Val di Cecina, si registrano oltre 500 posti di lavoro in più.

In questo periodo non si sono mai verificati nella zona a differenza che altrove licenziamenti o ricorsi alla cassa integrazione in forma massiccia.

Queste le cifre per quanto riguarda il passato.

Per il futuro altri numeri, nella loro crudezza, sintetizzano come Volterra e la Val di Cecina non stiano sprofondando nel baratro della crisi.

«Lo sviluppo della nostra città e dell’intero comprensorio — dice Giovanni Brunali [Giovanni Brunale N.D.R.], capo gruppo comunista in Consiglio comunale — può essere assicurato vitalizzando tutte le grandi risorse che esistono».

Nei prossimi cinque anni — grazie alle lotte di sindacati, comunità montana, enti locali e partiti — l’ENEL si è impegnata ad investire 180 miliardi nel bacino geotermico di Larderello, altri trenta miliardi li investirà l’ENI.

Nelle campagne, dopo il decennio di esodo forzato, si assiste ad un consolidamento delle aziende agricole che solo nel secondo trimestre dello scorso anno hanno presentato richieste di circa 2 miliardi (tra mutui e crediti mutui agevolati) per nuovi macchinari e nuove produzioni.

Anche gli indici del settore alabastrino, l’arte che ha fatto conoscere Volterra in tutto il mondo, sono orientati nettamente al rialzo: dai 3 miliardi di fatturato del 1971 siamo passati a 12 miliardi nello scorso anno.

Perché, dunque, si continua a chiedere «un progetto speciale» ripercorrendo le vecchie strade della politica degli aiuti?

Risponde ancora il capogruppo comunista:

«Questa proposta si basa su un’analisi che non tiene conto dei dati reali. Vi è la volontà di non porsi dalla parte di quelle forze che cercano di applicare la riforma sanitaria, si tratta in definitiva, di una manovra scopertamente elettorale come è già accaduto in passato».

Il giudizio è assai pesante: «C’è da dire — aggiunge Brunali [BrunaleN.D.R.] — che questa manovra è pericolosa per lo stesso tessuto democratico della città perché si cerca di scatenare una sfiducia incontrollata verso tutte le forze politiche».

Andrea Lazzeri

Chiude a Volterra la «fabbrica dei matti» (1979)