Memorie di un internato psichiatrico

Memorie di un internato psichiatrico

Memorie di un internato psichiatrico: con le sue memorie Antonio ci dà l’immagine di un essere pervaso da energie psichiche senza sbocco se non quello di una personalità «perversa». Esplora la propria identità e il proprio animo con l’ossessività di chi ha smarrito se stesso e cerca una conferma della propria esistenza o della propria malattia, ripercorrendo con la scrittura le traumatiche esperienze istituzionali.
Memorie di un internato psichiatrico - diario n°1: l'arrivo a Volterra

Diario n°1: l’arrivo a Volterra

Arrivo a Volterra Volterra. Città etrusca, più antica di Roma; patria del secondo papa, il successore dell’apostolo Pietro, San Lino. […] Quando vi giunsi io, la città contava circa 20.000 abitanti; esclusi, naturalmente, i detenuti del carcere-fortezza, denominato «il maschio», che erano circa 400; e i ricoverati nel manicomio – civile con sezione giudiziaria – che erano circa 10.000. A Volterra giunsi la mattina del 24 agosto 1940. Ero partito da Trento, con la scorta di due carabinieri, la sera precedente, ver­so le 9. Una breve sosta a Pisa, che passai in una camera di sicurezza della stazione. All’arrivo in quel nido d’aquile, (D’Annunzio che vi fu nel 1905, la definì «Terra di vento e di macigno»), fui, dirò così, salutato da un grup­po di detenuti del «Maschio», che, incatenati a due a due, sotto una nutrita scorta di carabinieri, stavano camminando diretti non so dove, a un lato della strada. Anch’io avevo le mani imbrigliate dalle manette…
memorie di un internato Reparto Ferri

Diario n°2: Il reparto Ferri

<- precedente Diario n°2: Il reparto Ferri Il padiglione «Ferri» era grande, costruito di recente (1935). Ma mancava di alcune infrastrutture essenziali, la principale delle quali era il riscalda­mento. Pare impossibile: si saranno spesi molti bei soldoni per metterlo in piedi; cosa ci voleva, ad aggiungere ancora altri pochi, e dotare l’impianto del sistema di riscaldamento centrale? Una domanda questa che si do­vrebbe porre al progettista; ma egli è già morto da anni. E intanto, (gli inverni sono molto freddi, – anche a causa del vento, quasi costante, in quei paraggi – ), intanto, dicevo, l’inverno del 1940-’41, fu un vero martirio per me. Vestito di abiti molto leggeri; – perché non avevano ritenuto, a suo tempo, di munirci di abiti invernali. Era impossibile farsi venire indumenti da casa; l’ospedale non voleva farsi una propaganda negativa. Considera­to, allora, al pari di quello di Bizzozzero (Varese), uno stabilimento manicomiale modello, – …
Memorie di un iternato psichiatrico: diario n°3: Omosessualità in manicomio

Diario n°3: Omosessualità in manicomio

<- precedente Omosessualità in manicomio Un altro aspetto della vita del manicomio giudiziario di Volterra, era costi­tuito dal grande numero di sodomiti, – attivi e passivi – che c’erano. Il problema dell’omosessualità, in carceri, manicomi, istituti vari e, (mi han­no assicurato) anche nei sanatori è particolarmente grave. A Volterra, – perché di quella desidero parlare, – a occhio e croce, penso che un buon terzo dei ricoverati, fosse fattivamente o potenzialmente, affetto da una delle forme dell’omosessualità. Ricordo un ragazzo triestino, A. J., di 19 anni. Era stato inviato in manicomio giudiziario all’età di 12 anni. Ora io mi domando: era stupido, o incosciente, il giudice che aveva mandato a Volterra quel ragazzo? Io penso che quel giudice era scapolo, o, comun­que, non avesse figli. Un padre di famiglia, con la testa sul collo, infatti, ci pensa bene, prima di spedire un ragazzo di 12 anni, – qualunque sia il motivo dell’internamento – in u…
Memorie di un internato psichiatrico: Amore corbezzoli e lacrime - Diario n°4

Diario n°4: Amore Corbezzoli e lacrime

<- precedente Amore Corbezzoli e lacrime Già, a Pergine, quando il prof. Giancarlo Goldwurm decise di «liberalizzare» la vita del manicomio, aprendo, a molti ricoverati, le porte dei reparti, parve a gran parte dei degenti, e a molti infermieri, che fosse stata posta in atto una innovazione straordinaria. E, in effetti, in molti manicomi italiani questa liberalizzazione è ancora di là da venire. Ma ce ne sono certuni, – di manicomi – che questa «novità» hanno già in atto da una quarantina di anni. E, Volterra, è uno di questi. Molti degenti lavoratori e anche qualcuno, che lavoratore non era, ma era nelle «grazie» del direttore o del medico di reparto, poteva uscire tranquillamente dal suo reparto; e se ne aveva voglia, poteva anche andare in città. Io non godevo, – ovviamente – di questo privilegio: prima di tutto non lavoravo; secondariamente, non ero nelle «grazie» né di medici né del direttore; e terzo punto, dopo quell’alzata di ingegno del 5 aprile 1…
Diario n°5: la conta dei cucchiai.

Diario n°5: la conta dei cucchiai

<-precedente Memorie di un internato psichiatrico: la conta dei cucchiai Nel mese di settembre del 1942 il prof. Sarteschi, ebbe un ripensamento, a proposito degli omosessuali. Smantellare la comunità ospitata al Biffi, e rimandare tutti i degenti al reparto, nel quale risiedevano prima. Io accolsi la notizia con sollievo: la mia presenza al Biffi, infatti, ora che non c’era più A., (ma ogni cosa, ogni angolo ogni panchina me lo faceva ricordare), mi era ridivenuta insostenibile. Io non sono portato, attualmente, all’idea del suicidio; ma ci furono dei momenti, in cui, per vari motivi, cercai di togliermi la vita. (Quello del 24 febbraio 1954, ad esempio, non fu un atto puramente dimostrativo). Come ho detto dinanzi tornai al «Ferri». [reparto ferri manicomio di volterra] Ma ero come svuotato di ogni volontà. Non mi importava niente che, s’avvicinasse l’inverno, ed avrei ripetuto l’esperienza, dei due precedenti. Non aveva importanza, per me, …
Diario n°6: la tentazione della fuga

Diario n°6: la tentazione della fuga

Diario n°6: la tentazione della fuga <- precedente Come dicevo le forze dell’«Asse» passavano di vittoria in vittoria. Non ri­cordo, esattamente, come andassero le cose in Asia. In Europa, comun­que, le armate hitleriane avevano occupato metà del continente, dalla Norvegia alla Grecia. Le cose cominciarono a guastarsi, nel tardo autunno del 1942, quando von Paulus, a Stalingrado, dovette cedere alle forze rus­se, e fu fatto prigioniero. Per il «CSIR» il Corpo di Spedizione Italiano, che aveva preso il posto dell’ARMIR, mandato fin dal principio delle ostilità, la situazione, – tra fine dicembre del 1942 e il principio del 1943 – divenne veramente critica. [Qui Antonio è inesatto. Fu l’Armir (Armata italiana in Russia) a sostituire il più modesto Csir (Corpo di spedizione italiana in Russia) nel luglio 1942. Forte di 230.000 uomini, in prevalenza alpini, l’Armata fu travolta dall’offensiva sovietica del dicembre 1942, perdendo nella ritirata la metà degli ef…

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