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Padiglione Charcot (1927-1995)

  1. Data di costruzione:
    1927
  2. Anno di abbandono:
    1995
  3. Funzione:

    varie

  4. Utilizzo attuale:
    abbandonato
  5. Luogo:
    Poggio alle Croci
  6. Stato di conservazione:
    cattivo
  7. Numero di piani:
    3
  8. Superficie:
    5.295 m²
  9. Volume:
    31.629 m³
  10. Altezza:
    18 m
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Storia del padiglione Charcot

Il padiglione Charcot risale al 1927, il primo ad esser costruito nella parte più alta e distaccata del villaggio manicomiale.

Inizialmente il reparto fu colonia agricola femminile, circondato da orti e campi coltivati con alberi da frutta.

Nel 1957 fu il primo edificio del complesso ad essere dotato di un efficiente impianto di riscaldamento.

Era destinato ad accogliere fino a 500 ricoverati, suddivisi in tre categorie: autosufficienti, pericolosi e affetti da gravi patologie.

Nel 1961 venne attrezzato con inferriate per il contenimento dei degenti più pericolosi.

Fondamentalmente questo padiglione fungeva da “succursale” del principale Padiglione giudiziario Ferri.

Fu reparto maschile fino alla fine degli anni ’70.

Durante gli anni ’80 fu ristrutturato e dotato di camere con 8 posti letto ciascuna, ospitando così su “ali” diverse del padiglione sia uomini che donne.

La chiusura definitiva del padiglione avvenne intorno al 1995.

Ingresso Charcot
Il portone d’entrata ©Rodolfo Tagliaferri

Architettura del padiglione Charcot

Il primo padiglione che si incontra salendo lungo la tortuosa strada di Poggio alle Croci.

Grande edificio a pianta longitudinale, costituito da un corpo centrale di facciata con annessi due corpi laterali simmetrici con piccole ali sul retro, a costituire un grande fronte principale con grandi aperture neogotiche.

Il grande corpo di fabbrica, coperto con falde a padiglione marsigliesi, si eleva per metà su tre livelli (piano seminterrato, terra e primo) e per metà su due livelli (piano terra e primo) su una superficie di oltre 4.400 per un’altezza massima di circa 18 metri.

L’architettura è esaltata dal ritmo regolare delle belle aperture incorniciate da archi a tutto sesto: le porte si aprono con un unico ordine fino alla soglia mentre le finestre contengono un secondo ordine di bifore.

La struttura muraria è mista, anche se prevalentemente eseguita in cotto con archi di scarico e pilastrature strutturali bene eseguite, è completamente intonacata e sulla superficie staccano le cornici delle aperture eseguite in cemento armato, ad imitazione della pietra, lavorato in modo molto artigianale.

Piano terra

Il pianterreno era destinato ad uffici del personale, ambulatori e spazi comuni, oltre ad ospitare alcune camere dei pazienti.

Per alcuni anni, la prima sala a destra dell’ingresso principale, era diventato “parlatorio” per le visite dei familiari che potevano stare per molto tempo comodamente con i loro congiunti.

Sempre al piano terra trovava spazio il refettorio, ovvero il locale dove i degenti consumavano i loro pasti. Era consentito solo l’uso di cucchiaio e scodella di latta (successivamente plastica) per ovvi motivi di sicurezza.

Primo piano Charcot
Padiglione Charcot – la facciata

Primo piano

Il piano primo era principalmente composto dalle camerate che ospitavano i degenti.

Negli anni ’80 questo livello venne intitolato piano “Mariani”, in onore al dottor Giovanni Mariani, per meriti professionali all’interno dell’ospedale psichiatrico stesso, sia come valente oculista, sia come autore di interessanti pubblicazioni.

Piano seminterrato

Il livello più basso del padiglione Charcot si trova sotto l’ala sud.

Questo settore era principalmente composto da una grande spazio, denominata “Sala degli aranci”: una grande area di soggiorno diurno.

L’ambiente è caratterizzato da grandi arcate divisorie e un rivestimento parietale di piastrelle celesti.

La “sala degli aranci” veniva anche utilizzata per feste danzanti ed eventi. Non era raro che a questi eventi partecipassero, oltre ai degenti, personale dell’ospedale accompagnati dai propri famigliari.

Famoso fu il “Carnevale dei matti”, evento organizzato dal dottor Scabia, per il giubilo dei pazienti.

In quest’ala vi erano presenti anche i locali tecnici per la gestione dell’innovativo (per l’epoca) complesso sistema di riscaldamento ed approvvigionamento delle acque.

La scalinata interna all’edificio che collega questo livello con i piani superiori, caratterizzata da una ringhiera di protezione finemente lavorata con la tecnica del ferro battuto, realizzata all’interno dell’officina del manicomio dai pazienti stessi

Esterno

Il padiglione Charcot era totalmente immerso nel verde.

Un giardino, ricco di piante, aiuole fiorite, panchine e zone ricreative, dove i pazienti potevano passare ore all’aperto durante le giornate più calde, con notevoli benefici per la salute fisica e mentale.

Nell’area sottostante l’edificio, negli anni ’50, venne creato un piccolo campo sportivo.

Fu teatro di tornei di calcetto, nei quali si sfidavano infermieri e pazienti.

A seguito della chiusura ed abbandono dei padiglioni, il campo di gioco venne convertito in pista di pattinaggio fino al disuso.

Curiosità legate al padiglione Charcot

Nel padiglione Charcot è ambientato il videogioco “Town of Light” nel quale il giocatore può esplorarne, virtualmente, sale e corridoi.

Dopo l’abbandono è stato location per la realizzazione di videoclip musicali e performances artistiche.

Fotografie dell’interno del padiglione Charcot

Fotografie dell’esterno del padiglione Charcot

Graffiti – padiglione Charcot