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Ricordi di Pietro Spinelli

Pietro con gli amici alla pista di pattinaggio, sotto il Padiglione Charcot ©Pietro Spinelli

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Pietro Spinelli

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Una fase della vita per ogni padiglione (o quasi).

Ora che ci penso ho un ricordo legato al “manicomio” per ogni periodo della mia vita.


I primi ricordi?

Sicuramente quelli da bimbo quando la domenica s’andava a vedere la partita al chiarugi.

Mi ricordo mi faceva specie perché quand’ero piccino pensavo “ma questo non dev’esse calcio, alla televisione ho sempre visto che giocano su un prato.. sarò una cosa simile paesana”.

E infatti io di pallone c’ho sempre capito poco, però al Chiarugi non s’è mai visto un filo d’erba.

E così si passava mezza domenica all’ombra di questo mostro buono che era il padiglione del Chiarugi, che un po’ affascinava e un po’ incuteva timore con quelle finestre secche e lunghe e i vetri tutti rotti.

Già da piccino sentivi raccontare le peggio storie e i più strani aneddoti.

Poi si iniziava a diventare adolescenti e saliva l’hype per questo posto misterioso dove succedevano cose strane (e non dite di no, le storie sui manicomi li racconta anche chi un manicomio non ce l’ha a 2km da casa) così entravamo di nascosto al Ferri.

Il senso di paura, smarrimento, ma allo stesso tempo di libertà e di grandezza.

La libertà di entrare, giocare a nascondersi (si abbiamo anche tirato qualche sassata, lo ammetto) e allo stesso tempo la tensione sempre alta di essere sgamati, colti in flagrante a fare… nulla, se non stare in un posto pericolante a rischiare una tegolata nel capo.

Però si sa, al Ferri ci potevi andare in primavera, d’estate, ma poi d’inverno, quando piove, non puoi stare in un posto senza mezzo tetto, ne finestre ne porte.

Serviva un tetto sotto cui stare, e così arrivo il Chiarugi, nel pieno dell’adolescenza.

E il Chiarugi ha insegnato, a tutti quelli che ci sono stati dentro, il senso vero di inclusione, di rispetto reciproco, tra porte chiuse con un lucchetto scadente e muri completamente graffitati.

E così smettemmo di tirare sassate e iniziammo più ad acquisire rispetto nei confronti di quel posto, di chi lo abitava e di chi lo aveva abitato (anche se nel nostro piano c’era sempre chi s’intendeva di pisciare nel corridoio).

Avevamo una stanza dove suonavamo e tutto il resto che si fa in una stanza.

Sub-affitto di non so quale grado, si pagava una roba come 5€ al mese.

Avevamo una stufa a legna dentro con un buco nella finestra per i fumi.

E ho già detto tutto.

Però ci si stava bene, c’era rispetto.

Una volta ricordo anche di averci passato un capodanno rovinato dalla pioggia, in cui e io e la mia ragazza non sapevamo dove dormire (no, a casa insieme non era ancora l’età quindi si, anche i miei lo scoprono ora se leggono quest’articolo).

In quegli anni nasceva la LEC, Libera Espressione Creativa e le feste, (quelle vere eh, quelle fighe dove si fanno giochi, ci si ingegna ci si diverte si balla si fa tutto insomma) erano all’ordine del giorno, insieme a tanti altri mille progetti.

E diverse erano allo Charcot.

Qui ho iniziato a capire che nella vita sostanzialmente volevo stare esattamente così, come si stava alle feste della LEC allo Charcot.

Si non era propriamente il padiglione, ma 20 metri sotto e credo sia sempre stato chiamato così.

C’era chi pattinava, chi con la box, chi con lo skate sulla rampa, chi grigliava, chi faceva giochi e chi suonava live.

Ecco, credo sia stato uno dei miei primi Live coi Wasabi, (band che ovviamente non si è mai sciolta quasi 15 anni dopo).

La foto di noi 4 seduti sulle sedie dietro la sbarra della pista di pattinaggio è lo sfondo del mio mac tutt’oggi.

Ricordi di Pietro Spinelli
Pietro con gli amici alla pista di pattinaggio, sotto il Padiglione Charcot ©Pietro Spinelli

Io avevo la maglietta dei Jackass.

Poi ho iniziato anche a prendere lezioni di pattinaggio da Lopez, ma quella è durata poco e al primo salto mi sono fracassato un braccio.

Poi dal nulla è girata la voce che qualcuno avesse tagliato i cavi che portavano la corrente al Chiarugi e da li tutto il resto.

Pare che fosse l’unico modo per costringere la gente ad abbandonare lo stabile dopo anni di lettere di sfratto continuamente buttate via.

Non so come sia andata onestamente, ma non mi interessa nemmeno saperlo.

Le fonti di quello che so sono le dicerie di paese e visto che tanto nessuno rimetterà mai un palo della corrente e riaprirà le stanze del Chiarugi tanto vale credere che sia andata così.

E così dall’oggi al domani ci siamo trovati tagliati fuori.

Tutti.

Dentro il Chiarugi sono partite le razzie e la dove c’era il rispetto si è generato il caos.

Il popolo si è trasformato. Dr. Jekill e Mr. Hyde.

La gente sfondava i muri per entrare nelle stanze degli altri e rubare quel che era rimasto.

Da noi sparirono degli amplificatori credo.

La fine di tutte le ere.

Si mettono jersey di cemento, si alzano grate e si separano le persone.

Senz’altro è stato fatto per il bene di tutti, magari fossi stato là avrei preso una tegolata in testa e ci sarei rimasto.

Sicuramente non poteva andare diversamente ed è inutile pensare “se avessero.. se ci fosse stato…

Non voglio credere che ci potesse essere un’alternativa.

Mi convinco che questa è stata l’unica via.

Mi dispiaccio che nessuno, da allora, sia stato in grado di ricreare un’atmosfera simile, un luogo d’incontro simile.

Ci vorrebbe un nuovo “manicomio”, per come l’ho vissuto io.

Allora si che saremmo migliori.


Pietro Spinelli (Volterra, 1992)- Musicista Volterrano

Ricordi di Pietro Spinelli

Pietro Spinelli

Pietro Spinelli (PDR) nasce a Volterra nel 1992 e muove i suoi primi passi verso un vecchio pianoforte verticale nel salotto di casa sua.

Nel 1997 inizia a seguire il corso di pianoforte sotto la guida del M° Dainelli, presso l’Accademia della Musica Città di Volterra. A dodici anni viene ammesso all’Istituto pareggiato Rinaldo Franci di Siena, sotto la guida del M° Palazzolo, dove segue il corso decennale di Pianoforte. Continua nel frattempo gli studi e in questo periodo (2010 ca.), inizia a suonare in più band (Il Maniscalco Maldestro, Borrkia Big Band, La Filarmonica Municipale LaCrisi) con le quali avrà modo di suonare su molti palchi italiani e uscire per un attimo dal mondo classico del conservatorio.

Nel 2011 si trasferisce a Firenze per frequentare il corso di laurea D.A.M.S, sotto la Facoltà di Lettere e Filosofia; in questi anni inizia ad appassionarsi al cinema e al teatro e cerca di mettere a frutto le proprie esperienze e conoscenze per lavorare in questo campo. Insieme ad un gruppo di amici appassionati di cinema e teatro realizza alcuni cortometraggi di cui cura il suono e la colonna musica. Negli stessi anni, insieme a Ferdinando Valsecchi, realizza la sigla di “Firenze a Ufo”, una web serie su Firenze e le sue personalità, che ha avuto tra gli ospiti anche Piero Pelù e Leonardo Pieraccioni.

Nel 2013, incuriosito dalle DAW, dal mondo dei computer e dalla tecnologia che ruota attorno alla musica, inizia ad approcciarsi lentamente e inizialmente con pochi risultati alla musica elettronica. Nel giro di qualche mese questo lo porterà alla nascita di Cucina Sonora, l’attuale progetto solista di PDR, che fonde il mondo classico e quello più moderno della musica elettronica e sperimentale.

Un anno dopo si diploma a pieni voti presso il conservatorio di Siena e tra il 2014 e il 2015 inizia a lavorare come insegnante presso l’Accademia della Musica Città di Volterra. Lavora inoltre in ambito sociale iniziando ad insegnare musica presso l’istituto penitenziario della città e collaborando ad alcuni progetti con associazioni che si occupano di ragazzi con disabilità. Parallelamente inizia a studiare Sound Design sotto la guida del M° Proietti presso la Rock Factory di Siena e questo sarà parte fondamentale per lo sviluppo del suo progetto solista.

Approfondisce infatti il progetto Cucina Sonora ed appassionandosi sempre di più al mondo della musica elettronica giunge alla decisione di trasferirsi a Berlino, nel settembre 2015, per frequentare il corso di Electronic Music Production & Performance all’università dBs Music School. Nel dicembre dello stesso anno pubblica un EP con il frutto di questa prima esperienza. Nell’estate 2016, con il suo progetto Cucina Sonora, rientra tra le migliori 100 band della Toscana, all’interno del bando regionale “Toscana 100 Band” vincendo un premio di 5000€. Nel 2017 esce il primo album d’esordio dal titolo “Evasione”, per Toys for Kids Records ed a questo segue il tour in Italia, con alcune date all’estero.

Durante la sua permanenza a Berlino continua ad alimentare la passione ed approfondire la conoscenza della musica in ambito cinematografico e realizza la sonorizzazione per più cortometraggi, alcuni dei quali cinematografici, altri installazioni Audio / Video.

Nel settembre 2018 si laurea (Bachelor of Arts) presso la dBs Music School con la tesi “How does music affect movies?”. Rientrato da Berlino decide di trasferirsi a Milano dove inizia a collaborare con il Massive Arts Studios in qualità di insegnante di pianoforte. Nello stesso tempo inizia a tenere un corso di Produzione di Musica Elettronica presso la Scuola Internazionale Musicale di Milano (SIMM), oltre all’insegnamento del pianoforte.

Nel 2020 firma un contratto discografico con INRI ed editoriale con Sugar Music, pubblicando a gennaio il primo singolo “Notte”.

Attualmente Cucina Sonora ha uno storico di più di 80 date in tutta Italia e non, durante le quali ha avuto il piacere e l’onore di condividere il palco con artisti del calibro di Godblesscomputers, Fricat, Stèv, Machweo, Aucan, Go Dugong e altri… esibendosi su alcuni dei palchi più importanti di Italia, tra cui Collisioni Festival, A Night Like This Festival, Estate Sforzesca e molti altri.

Il 18 settembre esce su tutti i portali il nuovo singolo “Dormiveglia” che sarà seguito da alcune date live con un nuovo set.

L’ultimo singolo di questo ciclo sulla notte esce il 28 gennaio, “Onironauta” insieme al video diretto da Bianca Pizzimenti sotto la direzione artistica di Alberto Scotti.