Riabilitazione psichiatrica dal manicomio alla R.E.M.S. (2018)
La società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere.
Franco Basaglia
Indice dei contenuti
Riabilitazione psichiatrica dal manicomio alla R.E.M.S. – Premessa
La riabilitazione psichiatrica e uno dei temi che mi ha sempre assionata, soprattutto da quando ho intrapreso il mio percorso di studi al liceo delle Scienze Umane.
Volendo approfondire questo tema a me caro, ho deciso di analizzare in primis il concetto di follia facendo riferimento ai pensieri di Tacito, Luigi Pirandello e Virginia Woolf.
In secondo luogo ho trattato il tema della riabilitazione all’interno del vecchio manicomio confrontandola con quella praticata ai giorni nostri nelle R.E.M.S. (Residenze per Emissione delle Misure di Sicurezza)
Come punti di riferimento per analizzare questo processo, ho ritenuto opportuno utilizzare le strutture del mio territorio e quelle limitrofe: l’ex manicomio di Volterra, l’O.P.G. (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) di Montelupo Fiorentino e la R.E.M.S. di Volterra.
L’interesse per questo settore mi ha spinto a svolgere, fra gli altri, nell’estate 2017 un significativo percorso di alternanza scuola-lavoro di 60 ore presso a RCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone.
Grazie a questa esperienza ho potuto avvicinarmi alla realtà di alcune malattie mentali e osservare come funziona una riabilitazione psichiatrica.
Nella struttura ho avuto modo di conoscere psicologi, educatori, psichiatri, assistenti sociali e utenti.
Anche se per motivi di sicurezza non ho potuto relazionarmi con tutti i pazienti della struttura, la mia esperienza e stata rivelatrice per il mio futuro.
Che cos’è e quando nasce la psichiatria
La psichiatria e una disciplina medica volta alla cura, all’assistenza, alla prevenzione e alla riabilitazione di malattie mentali.
L’oggetto di studio della osichiatria sono le malattie mentali, Indagate da diversi punti di vista: cause processo di sviluppo della malattia, alterazioni anatomiche o fisiologiche, sintomi e decorso della malattia, criteri e metodi diagnostici, terapia, riabilitazione ed epidemiologia.
La psichiatria, come è intesa oggi ,nasce con la scoperta dei primi psicofarmaci
Prima del 1950 non esistevano psicofarmaci intesi in termini moderni.
Alcun sostanze di origine naturale erano utilizzate ne trattamento degli stati a animo negativi: ad esempio gli estratti dell’erba di San Giovanni erano usati nella cura degli stati d’ansia e di depressione.
Negli anni ’50 si ha la scoperta del primo farmaco per la cura della depressione, la Torazina, contenente come principio attivo la Clorpromazina.
Il concetto di follia
La follia si caratterizza da sempre come anormalità e devianza dai valori della comune convivenza.
Ogni società ne ha dato interpretazioni diverse a seconda delle proprie caratteristiche culturali, religiose
sociali.
Nell’antica Grecia la follia era considerata come vendetta degli dei, curabile solo grazie all’intervento dei sacerdoti.
Il mondo romano riconosce tratti di follia nel comportamento di Nerone.
La tradizione racconta che, per poter costruire la sua immensa dimora, la Domus Aurea, l’imperatore fece appiccare il fuoco che distrusse case ed edifici, creando un immenso vuoto, adatto ad ospitare la sua nuova dimora.
Mentre moltissime persone perdevano la vita e Roma veniva completamente divorata dalle fiamme, si dice che Nerone sali sul punto più alto del Palatino proprio per ammirare lo spettacolo Nerone dovette difendersi dall’ accusa di aver appiccato egli stesso l’incendio dette la colpa ai cristiani.
L’incendio di Roma e le accuse ai cristiani sono narrate da Tacito soprattutto negli Annales, anche se troviamo varie lettere di altri autori.
Nerone inoltre uccise la madre Agrippina, ricorrendo a uno stratagemma teatrale, di cui lui fu l’ideatore e il liberto Aniceto l’esecutore.
Tacito narra che, inizialmente, Nerone aveva pensato di ucciderla utilizzando un veleno ma, dopo l’avvelenamento di Britannico, la morte di Agrippina non sarebbe apparsa accidentale.
Nerone si trovava a Baia per celebrare le feste di Minerva e da lì chiamò la madre, facendole credere che voleva riconciliarsi con lei.
La madre arrivo dopo due giorni.
La sera stessa la invitò a un banchetto in suo onore.
Nerone volle che la madre gli si sdraiasse accanto e le rivolse mille attenzioni.
La nave per il ritorno era stata preparata da Aniceto e nascondeva un congegno mortale.
A poppa, dov’era il letto su cui Agrippina avrebbe riposato, era stato ammassato sul tetto un enorme carico di piombo.
Agrippina sali sulla nave, a un segnale dato, il tetto della cabina dove lei riposava, appesantito dal piombo, crollo.
Agrippina e la sua ancella Acerronia furono salvate dalle alte spalliere del letto che resistettero al peso.
La nave sbandò, Giulia Agrippina e Acerronia finirono in acqua.
Ma Acerronia si mise a gridare, che Agrippina era lei e che salvassero la madre dell’imperatore, perciò fu uccisa a colpi di remo.
Agrippina invece riuscì ad arrivare a riva e da li raggiunse il lago Lucrino e si fece accompagnare alla sua villa.
Nerone, terrorizzato che si identificasse in lui l’autore dell’attentato e temendo la vendetta della madre, si consulto con Seneca e Burro e diede l’ordine ad Aniceto di uccidere la donna.
Tacito descrive anche il momento successivo alla morte di Agrippina in modo da far emergere la follia dell’animo di Nerone, il quale ammira la bellezza del cadavere della madre decidendo di cremarla la notte stessa.
«Intorno a questi fatti la tradizione è concorde. Vi sono, Invece, alcuni che ammettono ed altri che negano, che Nerone contemplando sua madre morta, ne abbia lodato la bellezza. Fu cremata in quella stessa notte sopra un letto da convito, con meschine esequie, né, finché Nerone ebbe iI potere, ebbe mai né tumulo né pietra sepolcrale. Più tardi, a cura dei suoi servi ebbe un piccolo monumento funebre, presso la via di Miseno e la villa di Cesare dittatore, che guarda dall’alto le insenature sottostanti. Acceso il rogo, il liberto di nome Mnestere si trafisse col pugnale, non si sa se per amore verso la patrona o per paura di essere ucciso. Agrippina da molti anni aveva previsto questa fine della sua vita, e non se n’era
Publio Cornelio Tacito, Annales XIV 7-10
preoccupata. Infatti gli indovini, a lei che li interrogava intorno a Nerone, profetarono che egli avrebbe ucciso la madre. Agrippina allora aveva risposto “Mi uccida, purché imperi”»
Per far emergere il lato insano della psiche di Nerone, Tacito effettua un’introspezione psicologica del personaggio evidente nel passo del ritratto di Nerone.
“Alla fine dei giochi morì Poppea che, incinta, era stata colpita con un calcio da marito, preso da un eccesso improvviso di collera”
Nel Medio Evo la follia venne considerata come una forma di possessione da parte di spiriti maligni: fu così che la gestione della malattia mentale passò dai medici alla Chiesa. Ai folli veniva vietato l’ingresso nelle chiese e le persone indemoniate venivano bruciate sul rogo, come streghe. I malati mentali venivano considerati indemoniati, perché la forza malvagia, insinuandosi negli umori, contagiava il corpo:
l’uccisione con il rogo o l’impalamento permettevano di distruggere il corpo dell’indemoniato, così che l’anima, finalmente liberata, potesse salire fino a Dio.
Nel XX secolo da molti viene considerata come un rifugio che l’uomo si crea per sfuggire alla sofferenza della sua esistenza. Nell’opera Enrico IV di Pirandello, il protagonista sceglie la follia per non contaminarsi con la vita impura e piena di sofferenze del mondo reale.
L’intero dramma ruota intorno ad un sottile gioco ambiguo tra finzione e realtà attuale. Il protagonista vive da 20 anni isolato in una villa, prima credendo poi fingendo di essere l’imperatore tedesco Enrico IV.
La spiegazione di questo modo di vivere si trova negli antefatti, fuori dalla cornice testuale del dramma. Il protagonista aveva partecipato ad una mascherata insieme a degli amici durante la quale era caduto da cavallo ed era impazzito.
Tutti si erano mascherati da personaggi storici, lui aveva scelto Enrico IV perché la donna di cui era innamorato aveva scelte per sé la parte di Matilde di Toscana.
In questo modo egli poteva rimproverare indirettamente alla donna amata la sua crudeltà, ma soprattutto poteva avere l’occasione di gettarsi ai suoi piedi come fece l’imperatore a Canossa.
La sua follia, che durò 12 anni, consistette nel credere di essere veramente Enrico IV. Per assecondarlo i parenti gli costruirono un ambiente medievale.
Un giorno, però, otto anni prima dell’inizio dell’azione del dramma, egli guari ma scelse di lasciare tutto com’era, facendo finta di essere ancora un pazzo.
La pazzia di una mente brillante
La cosiddetta “follia”, la pazzia di una mente brillante, può essere riscontrata anche nella scrittrice inglese Virginia Woolf. Fu la situazione familiare a causare i traumi che oggi sono considerati le origini del suo disturbo.
Le fu vietato di ricevere un’educazione, a causa della morale vittoriana profondamente radicata e bigotta, privandola così di ogni possibilità di confronto.
All’età di tredici anni, perse sua madre e, dopo pochi anni, anche sua sorella Stella, a cui era profondamente legata, e infine suo padre. Proprio in questo periodo si verificò il primo grave esaurimento nervoso, che la portò, qualche anno dopo, al primo tentativo di suicidio.
Neanche il matrimonio, nel 1912, con quello che sarebbe stato il grande amore della sua vita, Leonard Woolf, riuscì a darle la pace tanto desiderata. Così, una mente brillante iniziò la sua difficile lotta contro la follia.
Sentiva voci, voci maschili che la deridevano e umiliavano. Perdeva il controllo e la cognizione del tempo. Commetteva atti violenti contro le persone che amava.
La Seconda Guerra Mondiale aumentò la sua ansia e le sue paure; non era in grado di affrontare le sue paure ed era terrorizzata all’idea di diventare completamente pazza, quindi decise di suicidarsi.
Inoltre, il personaggio di Septimus, nel romanzo Mrs Dalloway, è un paziente mentale che soffre di un esaurimento nervoso. Successivamente si scoprirà che la sua malattia è dovuta al trauma da bombardamento.
Questa intensa empatia tra Virginia Woolf e Septimus è molto evidente; pensieri disconnessi e relazioni causali vengono riportati da Virginia attraverso Septimus.
La tragedia di Septimus è quella di non essere compreso dai medici, che trattano il suo caso semplicemente come un caso clinico: sarà da questa paura della natura umana (rappresentata dai medici) che Septimus maturerà la decisione di suicidarsi, proprio come fece Virginia Woolf.
Nascita e chiusura del manicomio
Nel ‘600 e ‘700 si parla di fenomeno di “grande internamento” causato da masse di popolazioni alla ricerca di mezzi di sopravvivenza alla guerra, alla carestia e alla povertà.
In Italia, nel 1865, si ebbe la delega alle province per la “Gestione dell’assistenza psichiatrica”, da qui la nascita di ospedali psichiatrici.
Il problema del pagamento delle rette fece sì che si dovesse definire la materia per capire chi potesse usufruire dell’assistenza psichiatrica; fu così emanata la L.36 del 1904 “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati” la quale disponeva che “debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette da alienazione mentale, pericolose a se e agli altri o di pubblico scandalo”.
La svolta principale per la psichiatria si ha con la L.180 del 1978 la quale si occupa dei manicomi prevedendo la loro chiusura realizzata attraverso il blocco delle ammissioni. La L.180 viene inglobata nella L.833/78 che istituisce il Sistema Sanitario Nazionale.
Gli obiettivi che questa legge si pone sono i seguenti: la prevenzione del disagio mentale, la cura e la riabilitazione del paziente, che si effettuano a livello territoriale nei nuovi servizi creati che vengono a sostituire definitivamente i manicomi.
La svolta principale per la psichiatria si ha con la L.180 del 1978 la quale si occupa dei manicomi prevedendo la loro chiusura realizzata attraverso il blocco delle ammissioni. La L.180 viene inglobata nella L.833/78 che istituisce il Sistema Sanitario Nazionale.
Gli obiettivi che questa legge si pone sono i seguenti: la prevenzione del disagio mentale, la cura e la riabilitazione del paziente, che si effettuano a livello territoriale nei nuovi servizi creati che vengono a sostituire definitivamente i manicomi.
La non riabilitazione nel manicomio di Volterra
Per quanto riguarda il manicomio di Volterra prima della direzione del professor Scabia non è possibile avere dati statistici positivi; mancavano cartelle individuali, registri, tabelle nosologiche.
Con il professore inizia anche la struttura scientifica.
Scabia promuove il modello di “manicomio-villaggio”; per lui l’ammalato non doveva sentirsi rinchiuso tra quattro pareti come in una prigione. Voleva che l’ammalato si sentisse come in famiglia, libero di girare nei viali del complesso ospedaliero come per le strade di una piccola città ed anche nella campagna circostante al di fuori del perimetro delle costruzioni.
Per sviluppare al meglio il concetto di villaggio autonomo egli fece impiantare all’interno dell’ospedale officine per elettricisti, falegnamerie, botteghe etc.
Dette particolare importanza alla ergoterapia o terapia del lavoro. Egli pensava che se il malato fosse stato strappato dalla passività in cui viveva, se avesse potuto interessarsi ad una attività pratica sarebbe stato compiuto un grande passo in avanti sulla via della guarigione o comunque sulla via della stabilizzazione della malattia.
Perciò gli ammalati venivano impiegati nei lavori edili, nelle varie officine, nei lavori agricoli, negli scavi in terreno di interesse archeologico ed in altre attività.
Sul piano teorico tutto ciò era stato anticipato da Chiarugi, Pinel, Livi e da altri scienziati, ma in Italia non si era fatto molto di concreto in questo senso.
Nascita e chiusura dell’ospedale psichiatrico giudiziario
La nascita degli ospedali psichiatrici risale al 1975, anche se già dalla fine nell’800 esistevano i Manicomi Criminali nati per rispondere al bisogno di accoglienza e trattamento medico di soggetti detenuti con indubbia presenza di malattia psichica e di difficile gestione in Istituti Penitenziari.
Queste strutture hanno mantenuto l’organizzazione penitenziaria subendone nel tempo cambiamenti , a seconda delle scelte sociopolitiche in tema di trattamento della devianza carceraria e della delinquenza.
Con la Legge 81/2014 viene predisposta la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e la creazione di nuove strutture denominate “Residenze per missione delle Misure di Sicurezza”
Nonostante la storia abbia contribuito a mantenere l’immagine dell’O.P.G. come qualcosa di orribile agli occhi di gran parte della società, nel trascorrere del tempo abbiamo assistito ad un rinnovamento interno che ha trasformato tali istituti in luoghi di assistenza, cura e riabilitazione del paziente psichiatrico; numerose sono le attività trattamentali e socio-riabilitative che vi si svolgono, così come varie ed altrettanto numerose sono le figure professionali sanitarie che vi operano.
La riabilitazione psichiatrica all’interno dell’O.P.G. di Montelupo Fiorentino
All’interno dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziari di Montelupo Fiorentino vengono svolte attività terapeutico riabilitative in gruppo e individuali.
I pazienti psichiatrici autori di reato sono seguiti da psicologi, educatori professionali, infermieri, addetti
all’assistenza di base, medici di base, assistenti sociali, psichiatri, medici SIAS e consulenti speciali.
Essendo Montelupo Fiorentino una città i cui cittadini sono liberi da giudizio e pregiudizio è stato possibile creare gruppi di volontariato che hanno portato all’interno dell’istituto il loro contributo, inoltre è stato possibile reinserire nel tessuto sociale pazienti che avessero concluso il loro percorso riabilitativo.
Nell’Istituto sono presenti molte attività sportive come la pallavolo, il tennis, Il calcetto e la palestra ma sono molte anche le attività scolastiche e culturali.
Sono attivi corsi di altabetizzazione, corsi di scuola media e corsi universitari, teatro, musica, falegnameria, informatica e molto altro.
All’interno dell’ O.P.G. si cerca di lavorare con ogni singolo paziente individuando per questo un percorso riabilitativo con l’obiettivo di ricondurre il soggetto al mondo esterno, facendolo uscire dal nido che si è creato.
Nascita delle residenze per emissione delle misure di sicurezza
Con la legge 81/2014 viene tracciato un nuovo assetto assistenziale che prevede la messa in funzione di strutture alternative ai vecchi Ospedali psichiatrici giudiziari, quali le Residenze per Emissione delle Misure di Sicurezza (R.E.M.S.).
Viene promosso un nuovo approccio curativo-riabilitativo nei confronti della persona affetta da disturbo mentale autrice di reato, un approccio finalizzato al recupero sociale con tempi misurati sui bisogni assistenziali personalizzati.
La differenza tra l’O.P.G. e la R.E.M.S. è sostanziale, nel primo convivevano due amministrazioni, quella penitenziaria e quelle sanitaria, l’uno garantiva la custodia, l’altro la cura.
Ciò si traduceva in un’eccessiva burocrazia e talvolta in situazioni conflittuali poiché I principi della cura sono in antitesi a quelli della custedia, la ricaduta sugli “internati” (figura giuridica propria degli autori di reato detenuti in O.P.G.) era quella di una cura parziale.
Nelle nuove strutture opera solo personale sanitario, ciò assicura assistenza, cura e riabilitazione nella sua interezza.
Inoltre vi e da dire che l’O.P.G. era ubicato in uno spazio molto grande ed ha ospitato, in alcuni periodi, più di 100 pazienti a differenza della R.E.M.S. progettata secondo criteri più umanizzanti per i quali non vi possono essere più di 15 posti letto.
Riabilitazione psichiatrica all’interno della R.E.M.S. di Volterra
Presso la R.E.M.S di Volterra vengono svolte attività terapeutico riabilitative individualizzate e di gruppo.
Per ogni paziente l’equipe curante, composta da diverse figure professionali, redige il PTRIR cioè progetto terapeutico riabilitativo individualizzato residenziale.
Grazie a questo progetto riabilitativo si va ad intervenire su alcune aree principali: la consapevolezza della malattia e della conseguente necessità di cura, la conoscenza della propria psicopatologia, la cura di se e dell’ambiente circostante, l’apprendimento di competenze relazionali, avere una propria gestione economica, l’apprendimento di abilità sociali necessarie per l’inclusione nella società stessa, l’apprendimento di abilità relative alla corretta gestione della quotidianità (uso del denaro, pianificazione dei tempi, gestione degli spazi).
Per far sì che gli obiettivi sopra elencati vengano raggiunti dal paziente si mette in atto un intervento riabilitativo che può essere di vario genere : si può accedere a terapie psico-farmacologiche, interventi psico-educativi, psicoterapia, interventi abilitativi e riabilitativi, interventi di risocializzazione e di rete per Inclusione Socio-Lavorativa.
All’interno della R.E.M.S. di Volterra vi sono attività terapeutico riabilitative quali corsi di cucina, corsi di lingua inglese, corsi di teatro, corsi di attività sportiva a cui i pazienti possono aderire.
Sono presenti anche attività esterne alla struttura che riguardano l’inserimento sociale del paziente; alcune sono il gioco del calcetto, il trekking urbano, onoterapia e corsi di fotografia, fino ad arrivare ad inserimenti socio terapeutici (attività lavorativa in esercizi del territorio).
Gli obbiettivi generali del PTRIR sono la ripresa del controllo della propria vita attraverso lo sviluppo delle proprie potenzialità, la cessazione di comportamenti disfunzionali e il conseguimento della padronanza e del controllo su di se e sul proprio ambiente.
Riabilitazione psichiatrica dal manicomio alla R.E.M.S. – Bibliografia
Franco Basaglia, Che cos’è la psichiatria?, Baldini & Castoldi, 2014
Eugenio Borgna, Che cos’è la follia?, Luca Sossella Editore, 2012
E. Borgna, M. Manica, A. Pagnoni, Il suicidio. Amore tragico, tragedia d’amore. Bora. 2006
A. Diotti, S. Dossi, F. Signoracci, Libera Lectio 3,
Presentazione fornita dal Dottor Sbrana “Incontri volterrani di psichiatria”
Riabilitazione psichiatrica dal manicomio alla R.E.M.S. – Sitografia
https://it.wikipedia.org/wiki/Residenza_per_l%27esecuzione_delle_misure_di_sicurezza
https://tidsskrift.dk/revue_romane/article/view/29948/27505
Camilla Tamburini
Camilla Tamburini
Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche, attualmente sto proseguendo i miei studi magistrali in Psicologia Clinica e della Salute e Neuropsicologia presso l’Università degli Studi di Firenze.
Ho svolto varie attività nell’ambito della salute mentale, una materia che mi ha appassionato sin dai 14 anni. Ho iniziato a trattare la salute mentale attraverso il percorso di alternanza scuola-lavoro svolto presso l’IRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone, proseguendo negli ultimi anni con stage presso Auxilium Vitae SPA.
Nel 2018, ho realizzato la mia tesi intitolata “Riabilitazione psichiatrica: dal manicomio alla R.E.M.S.” proprio alla quasi conclusione della Legge Basaglia sul mio territorio, dove abbiamo sempre avuto a che fare con la salute mentale, a partire dal manicomio.
Per me, la sanità mentale è sempre stata fondamentale e ritengo che la mia futura professione di Psicologa sia indispensabile da ogni punto di vista.
Camilla Tamburini, classe 1998