Padiglione Ferri
Reparto giudiziario
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Data di costruzione:1930
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Funzione:
Giudiziario
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Utilizzo attuale:abbandonato
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Luogo:Poggio alle Croci
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Stato di conservazione:rovina
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Numero di piani:2
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Superficie:6.420 m²
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Volume:52.644 m³
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Altezza:16,40 m
Padiglione Ferri
Contenuti
Storia del padiglione Ferri
Il padiglione Ferri fu costruito per accogliere autori di atti criminosi, riconosciuti sofferenti di patologie psichiche.
La costruzione del padiglione avvenne nel 1930.
Il padiglione prese il nome dal criminolo e politico “Enrico Ferri“.
Straordinaria fu l’edificazione in così breve tempo, vista l’imponente mole.
Inaugurato nel ’33, fu una delle prime “sezioni criminali” in Italia collocata in un ospedale psichiatrico.
Ospitava solo degenti maggiorenni e di sesso maschile, comunemente indicati con l’appellativo di “giudiziari”.
Nel 1934 vi furono internati 350 degenti, dopo 5 anni furono più di 1000.
Da sottolineare, come l’incremento esponenziale degli internati fu fomentato anche da un elevato numero di “politici”, i quali fecero ricorso ad una pseudo-pazzia per evitare pene ben più severe.
Vista la duplice identità dei ricoverati (si pazzi, ma anche rei di atti criminosi), si rese necessario, se non obbligatorio, adottare particolari norme di “gestione”, su cui intervennero non solo medici ed infermieri, ma anche figure giuridiche del Ministero di Grazia e Giustizia e della Prefettura di Pisa.
Nel 1960, in convenzione con il Ministero degli Interni, fu prescelto questo padiglione per internarvi i cosiddetti “folli stranieri” provenienti da varie parti d’Italia.
Anche perché il 30 giugno 1956 era decaduta la convenzione con il Ministero di Grazia e Giustizia, rinnovata con laboriose trattative con accordi biennali fino al 1962.
Pertanto la sezione “giudiziari” fu smantellata e i ricoverati con ancora pendenze detentive rientrarono nella gestione univoca del Ministero di Grazia e Giustizia, cui provvide con le sue “apposite” strutture.
Gli altri “giudiziari”, furono riclassificati come “civili”, e spostati nel padiglione “Charcot”, nel frattempo riadattato allo scopo.
Il Ferri fu un elemento sui generis in un “villaggio” a sua volta caratterizzato da contorni inusuali e non certo comuni.
Il padiglione fu isolato da una cinta di muri e una rete metallica con tanto di filo spinato.
Un grande cancello, situato all’ingresso, era sorvegliato, giorno e notte, dal personale del reparto.
Nel 1972 fu abbattuta la rete di recinzione.
Nel 1973 fu cambiata la denominazione: il piano inferiore, fu dedicato allo psicologo e psichiatra infantile Sante De Sanctis, mentre quello superiore a Ugo Cerletti, psichiatra romano ideatore della discussa metodica dell’Elettroshock.
Architettura del padiglione Ferri
Il Padiglione Ferri è un edificio con pianta a C racchiudente un cortile tergale con giardino, formato da 2 piani fuori terra e coperto con un tetto a padiglione.
L’elegante edificio si estende su una superficie di 4.683 metri per un’altezza di 12,50 metri.
Caratterizzato dalla bella simmetria delle aperture caratterizzate dalla cultura eclettica a cavallo della fine dell’ottocento e primi novecento solo che anziché riferimenti neogotici presenta archi ribassati che incorniciano le bifore ed elementi decorativi come lesene a rilievo e terrazzi con colonnini in cemento che spiccano sulla facciata intonacata.
Curiosità sul padiglione Enrico Ferri
Tra i vari personaggi che furono ospiti di questo padiglione meritano un particolare ricordo dodici “giudiziari” che negli anni ’50, sotto la guida di alcuni infermieri, effettuarono i primi scavi che riportarono alla luce parte del teatro romano di Vallebona, questo intervento fu fondamentale per il finanziamento dello scavo archeologico vero e proprio.
“Fu una operazione inquadrata nella metodica ergoterapica, cui gli organi ministeriali concessero un illuminato consenso che andava ben oltre la mentalità legale di quei tempi”(Enrico Fiumi).
Un’altra simile operazione era stata eseguita nel 1927, con ospiti non gravati da provvedimenti giudiziari, compiendo scavi archeologici nell’acropoli dell’area di “Castello”, oggi conosciuta come “Parco archeologico E.Fiumi”, situato sulla sommità della città di Volterra.
L’ospite più noto fu Fernando Nannetti, meglio conosciuto con il suo nome d’arte “NOF4”, esponente fondamentale dell’art brut.