Nannettaicus meccanicus
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Titolo:Nannettaicus meccanicus santo della cellula fotoelettrica
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Durata:27:45 minuti
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Nannettaicus meccanicus santo della cellula fotoelettrica
La prima volta che vidi l’opera di Nannetti Oreste Fernando (N.O.F.4), pensai allo stravagante “passatempo” di un malato di mente. Così, infatti, mi fu presentato il graffito.
Mentre osservavo quei muri screpolati, che piano piano scompaiono aggrediti dall’incuria e dal tempo, mi accorsi che non era così. Inciso con la sola fibbia del panciotto della divisa da “matto”, c’era scritto un libro. Un libro lungo quasi 180 metri e alto mediamente 160 cm.
Nannetti aveva inciso delle pagine rettangolari dove scriveva di sé: “Nannettaicus meccanicus santo della cellula fotoelettrica” oppure si descriveva in modo perentorio: “Moro spinaceo castano, alto 1,65, secco, bocca stretta, fratellastro”.
Un linguaggio ibrido, tra il burocratese e il segnaletico da schedario.
“Sfogliando” le pagine del suo libro, costruito con un linguaggio fatto di simboli e icone, inventando un codice complesso da voler decifrare con una metodologia rigorosa ma così chiaro e rivelatorio se affrontato empaticamente, ci accorgiamo che non siamo di fronte soltanto a un malato isolato dalla società, confinato.
Ci troviamo piuttosto di fronte a un incisore, un artista, che attraverso la sua “partitura” ha ripercorso la storia del linguaggio umano, del segno generativo, della struttura sintattica e dell’elaborazione concettuale. Il graffito sembra rispondere a una progettualità precisa, interattiva e protraibile.
Giacomo Saviozzi