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L’ho conosciuta nel 1967 quando iniziai a far pratica al reparto Verga.

Sembrava una ragazzina e nessuno sapeva con esattezza la sua età.

Era nel refettorio delle infermiere; una cucinetta dove, verso le dieci, facevamo a turno una breve colazione e la sera, il turno delle 14-22 vi faceva una breve cena.

Anna apparecchiava, preparava il caffè, lavava le stoviglie e teneva la stanza pulita.

A quei tempi il suo lavoro non veniva pagato perché Anna non conosceva il valore delle monete e non aveva neanche la possibilità di spenderlo perché non usciva mai..

Veniva ricompensata con dei piccoli regali, con del cibo portato da casa con abiti dismessi che le permettevano di differenziarsi dalle altre degenti che indossavano ciò che l’O.P. passava.

Era una ragazza buona, ingenua, sempre propensa all’allegria e amava stare in compagnia delle infermiere.

Inutile dire che lei era la regina di quella stanza nella quale impediva a chiunque che non fosse del personale di entrarvi.

Era sempre pulita ordinata e fra i doni che ripagavano il suo lavoro non mancavano mai saponette profumo e qualche cosmetico.

Ma la cosa più importante era che si era conquistata la fiducia di tutte e quindi godeva di una certa libertà.

Quando qualcuno le chiedeva quanti anni avesse, lei svicolava con una certa eleganza rispondendo che non si chiede mai l’età ad una signora ma se la persona non le era molto simpatica rispondeva con un secco “sono giovine”.

Era analfabeta ma nonostante ciò ci chiedeva dei fotoromanzi e più di una volta mi ha confessato che amava guardare le figure e dalle espressioni riusciva a creare la storia.

Era educata e curiosa; mi riempiva di domande e ogni volta che la mia risposta la meravigliava, spalancava gli occhi divertita ed esclamava sempre la stessa frase “Dio Mamma!”.

Di dove provenisse, era toscana senza dubbio, ne se avesse parenti, non ci era dato saperlo.

Il nostro compito era solo quello della sorveglianza, impedire che facessero del male alle altre o a se stesse, provvedere alla loro pulizia, al loro nutrimento, alla loro terapia e gestire le loro crisi violente.

Anna nonostante tutto aveva una certa furbizia, che le aveva permesso di distaccarsi dal mucchio, era riuscita a crearsi uno spazio e a godere di alcuni privilegi impensabili per le altre.

Lei ad esempio non aveva l’obbligo di coricarsi all’ora stabilita. Quando aveva finito di sistemare il refettorio andava nel piazzale a guardare le stelle e a fumarsi la sua sigarettina.

Le lasciavamo una comunella (chiave che apriva tutte le porte interne del reparto) e che ci riconsegnava quando saliva nei cameroni.

Direi che Anna, analfabeta che non sapeva la propria età, ne se aveva parenti, né quando era stata ricoverata era riuscita a conquistarsi la migliore posizione.

Le cose stanno cambiando; c’è nell’aria la “primavera Basagliana” e per me è un’aria buona, da respirare a pieni polmoni.

Al Verga sono arrivati due medici nuovi e con loro se Dio vuole, è arrivato il mutamento.

Sta cambiando totalmente il sistema di lavoro che infrange tutte le nostre certezze di ieri, creando qualche crisi e qualche resistenza. Il cambiamento non è stato indolore ne facile anche perché ci ha costretto a scrutare nelle nostre coscienze e a ammettere con noi stesse di quanto fosse controproducente il nostro modo di lavorare ed i nostri pregiudizi.

Anna è stata una delle prime a godere dell’apertura del reparto.

Le prime volte abbiamo dovuto accompagnarla perché il fuori la spaventava.

Abbiamo cominciato a pagarle lo stipendio e a insegnarle a riconoscere il valore delle banconote e delle monete e accompagnarla a fare le prime compere della sua vita.

Pian piano ha cominciato ad uscire anche sola e a fare amicizia con altri ricoverati.

La domenica organizzavamo delle feste da ballo, delle tombolate invitando pazienti di altri reparti e inevitabilmente gli amori cominciarono a sbocciare.

Anna ci parlava di un fidanzato e noi le facevamo tutte le raccomandazioni che una mamma può fare ad una figlia.

Avevamo notato che la sera faceva sempre più tardi nel piazzale a guardare le stelle e più d’una volta la sorprendemmo in pose languide copiate dalle foto dei suoi fotoromanzi con lui che la guardava estasiato dal disopra della strada.

La cosa ci faceva sorridere anche perché non avevano la possibilità di un avvicinamento. Una mattina entrando in servizio trovammo un gran trambusto.

Anna era scappata.

L’avevano cercata tutta la notte invano.

La sera come al solito si era trattenuta nel piazzale e mentre guardava le stelle lui le calò, dalla strada che sovrastava il piazzale, una lunga scala e lei la salì raggiungendo il suo amore.

Quella mattina la nostra colazione fu taciturna, eravamo veramente preoccupate.

Li ritrovarono due giorni dopo in un campo,sfiniti e affamati.

Lei era anche molto abbacchiata e si gettò fra le nostre braccia piangendo. Anna al momento della fuga era ancora illibata e la prima cosa che mi disse quando si buttò nelle mie braccia fu “Dio Mamma Ottorina che male che ho sentito!”

Per Anna iniziò una nuova vita.

Amava il suo uomo e sognava di vivere con lui.

Lui era un alcolista in terapia in grado di vivere fuori dell’ospedale.

Anna era una donna docile, forse un po eccentrica ma buona, onesta e laboriosa. Aveva imparato a usare il denaro ed era in grado di mandare avanti una casa.

Fu deciso di provare e alla coppia fu data una casa popolare e i benpensanti ebbero da gridare allo scandalo per un bel po.

Avevano un po di pensione ed Anna per arrotondare andava a pulire le scale di qualche condominio; inoltre vendeva anche i disegni che faceva il suo uomo.

Anna era al settimo cielo e una volta che venne a trovarmi mi confessò che” Dio Mamma” non aveva mai osato neanche sognarlo un risultato del genere. La storia della maga nacque allora.

Si, quando era ricoverata, qualche volta, aveva asserito di saper leggere la mano e tutte, pur credendoci più o meno, gliela porgemmo per poi scoprire che pressappoco aveva detto a tutte le stesse cose.

Tutte la ripagammo con un regalino anche perché in Anna non c’era l’intenzione di imbrogliare ma semplicemente il desiderio di consolarti di darti la speranza, infatti non leggeva mai cose brutte ma prediceva vincite favolose amore e felicità.

Credo che abbia deciso di essere la maga perché Anna sentiva il bisogno di essere qualcuno, non voleva essere una delle tante.

Era riuscita a uscire dall’anonimato nell’inferno del manicomio, era riuscita a cambiar vita ma voleva ancora distinguersi essere diversa ed ecco la maga buona, consolatrice che ricorda la nostra amica Lucia che in un momento di disperazione totale ha accolto le sue parole ed ora la ricorda con affetto.

Per avvenimenti vari di vita quotidiana, dopo i primi tempi ho perso di vista Anna e non ne ho saputo più niente.

Aveva imparato a camminare da sola.

Comunque se chi l’ha conosciuta dopo può darmi sue notizie mi farà una grossa cortesia.

Ottorina Bagnoli – Volterrana – Ex infermiera OPV


“Io me la ricordo, ormai donna adulta, al mare al Cecina, veniva a trovare mia zia (bis) Loredana in spiaggia, aveva affetto per lei, forse era stata una sua infermiera al tempo del ricovero, me la ricordo tutta colorata con gli anelli i braccialetti, leggeva le mani, faceva qualche spicciolo e intratteneva anche i vicini di ombrellone..”

C.B. – Volterrana

“Troppo bella l’Anna🔝mi faceva schianta da ride.”

Daniele Gistri – Volterrano

“chicchirichi’,mettilo a letto e fallo dormi’!!”

Giulia Ragoni – Volterrana
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