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“Ambienti” di Eleonora Gugliotta

Progetto artistico

(particolare) Ambienti #10 – Padiglione Charcot


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Il progetto Ambienti di Eleonora Gugliotta è caratterizzato da una serie di scatti fotografici aderenti ai diversi luoghi di cui delicatamente si appropria per realizzare le sue installazioni e perpetuare la sua ricerca.

Con estrema cautela, a tratti liturgica, ci fa porre lo sguardo su puntuali luoghi dell’abbandono che caratterizzano il paesaggio italiano.

Ogni porzione di paesaggio o traccia di vita intrisa di contenuti viene sospesa, incastrata, perpetuata nello spazio a far rifrangere il suono e la melodia di tempi passati.

Gli oggetti sepolti negli ambienti vengono al contempo riportati in vita tramite degli intrecci così da sospenderli — anche temporaneamente — al destino che li avrebbe evidentemente visti con il tempo, collocati in uno spazio infimo di memoria, fino a perdersi.

La manipolazione di elementi lunghi, sottili e flessibili che l’artista utilizza per sospendere gli oggetti ricorda il carattere di un rituale e rievoca una delle tecniche di costruzione più antiche adoperate dall’uomo.

Attraverso la tecnica dell’intreccio questi elementi diventano un unicum dove ognuno supporta l’altro e l’insieme assume proprietà e prestazioni rinnovate e immaginifiche.

Il gesto a cui Eleonora fa riferimento non è pura esplicitazione di scopo nella misura in cui la sua azione implica e contiene riflessioni sulla cultura contemporanea.

Le installazioni dal titolo #10 Charcot, Volterra e #10 Neurologico, Volterra ad esempio vengono realizzate all’interno degli spazi dell’Ex Ospedale psichiatrico di Volterra.

La dismissione dei manicomi attivi in Italia è durata, con varie proroghe, dal 1978 fino al 31 dicembre 1998 ma non sempre si è riusciti nello smantellamento di una realtà scomoda.

A quarant’anni della legge Basaglia l’artista si interroga su questi spazi divenuti contenitori ricchissimi del nostro vissuto umano e ancor più chiaramente del fallito tentativo di gestire e “controllare” la follia.

La psichiatria ha difatti trascurato la “soggettività” dei folli, i quali furono tutti “etichettati” di fronte a un’unica soggettività salvaguardata: quella del medico e del suo sapere come forma di potere.

Franco Basaglia dichiarava: 

In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia. Invece questa società riconosce la follia come parte della ragione, e la riduce alla ragione nel momento in cui esiste una scienza che si incarica di eliminarla.

Franco Basaglia, Conferenze brasiliane, 1979  

Se quindi l’aspetto più propriamente geopolitico del dominio statuale deriva e rimanda alla specificità fisica degli spazi è ancora difatti necessario un corollario di riflessioni sulle architetture di dominio e di controllo governativo.

L’operazione raffinata dell’artista presso l’ex Ospedale psichiatrico ci permette in qualche modo di chiederci ancora una volta cosa siano gli spazi della follia e quanta carica emotiva sia ancora rintracciabile in tali luoghi.

Basti pensare al noto Oreste Fernando Nannetti a cui l’artista dedica il suo intervento presso lo spazio Charcot e il reparto neurologico di Volterra.

Eleonora riporta in auge l’eterotopia di Foucault, l’essere qui e al contempo altrove come possibilità d’identificazione tra presente e passato, si insinua nei codici di comportamento dell’individuo e ci restituisce il genere di cose che l’uomo difficilmente può ed è capace di vedere senza interrogarsi sulla propria identità. 

Testo di Simona La Neve 

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